dare una spinta. questo è l'intento.
lavorando conosco ed imparo ad apprezzare molte persone le cui attività meritano di essere fatte conoscere per agevolare come possibile il loro successo.
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altro intento dichiarato è aiutare a mettere a fuoco alcuni temi che pur essendo di dominio pubblico non ottengono l'attenzione che secondo me dovrebbero per i risvolti e le influenze che hanno sulla nostra vita.

giovedì 22 novembre 2012

sharing economy



"Il ruolo della proprietà sta cambiando radicalmente, con effetti di straordinaria portata sulla società.
Per tutta l'era moderna proprietà e mercato sono stati sinonimi.
anzi la stessa economia capitalista è fondata sull'idea dello scambio di beni in un libero mercato.
(...) Nella nuova era, invece, i mercati stanno cedendo il passo alle reti e la proprietà è progressivamente sostituita dall'accesso ai beni."

Nel 2000 leggevo queste considerazioni nel libro di Jeremy Rifkyn "l'era dell'accesso", e lo trovavo molto affascinante come sviluppo di molte dinamiche sociali che erano già in pectore e che l'autore aiutava a riconoscere.
Ma guardandomi intorno in quegli anni ben poco poteva rendere l'idea che tutto potesse essere così veloce.
Oggi musica, film, immagini, software, e-book, uffici, case, vacanze , vestiti ed altro possono essere scambiati senza che non in molti possano vantarne un diritto reale di proprietà.
Il car e il bike sharing, il couchsurfing, Airbnb, Freecycle, le banche del tempo, Zopa per i prestiti, gli swap market, il ristoro con la gnammo e molto altro...
Una tendenza, una rivoluzione dei consumi che antepone l’uso della fruizione al mero piacere di possedere.
Al contrario di quanto avveniva nella società del boom economico, il fine non è accumulare, bensì avere a disposizione beni e servizi nel posto giusto al momento giusto.
E immetterli in circolo nuovamente accrescendo l’efficienza senza immobilizzazione di capitale.
Tutto potrebbe essere facilitato da questa crisi economica così virulenta che porta ad ingegnarsi e portare a reddito quanto possibile.
Dal punto di vista ambientale c’è anche un rilevante risparmio di produzione di oggetti, a favore di minori problemi di trasporto, di traffico ed allargando la base di fruibilità a più persone.
Meno pressione quindi sulle materie prime, traffico, inquinamento, riciclo.
Socialmente potrebbe anche ridurre lo stress tra chi ha e chi non ha riducendo l’invidia sociale e contribuendo alla cooperazione ed interazione tra individui.
Il collaborative consumption si basa sull’idea che tutto possa essere utilizzato collettivamente.
Di fatto si tratta di sostituire l’idea del possesso con quella della condivisione.
Un concetto che getta i semi per una società post-consumista, con vantaggi economici, ambientali e sociali.
il motore è internet, la possibilità senza precendenti di sfruttare al massimo il potenziale di rinnovamento della rete, l’applicazione dell’idea dei social media alle abitudini di consumo.

Un aspetto che ne deriva intensamente è anche che il valore della credibilità di chi cede momentaneamente l'uso come di chi avrà in cura l'oggetto o il bene in questione avrà fortissima rilevanza perchè tutti vorranno e cercheranno di selezionare ed avere a che fare solo con quanti saranno ritenuti "credibili" per una società di persone. E saranno gli stessi fruitori ad aver cura dei "feedback".
Potrà essere questo motore di un nuovo contratto sociale che ci possa rendere tutti più...affidabili?
Osserveremo con interesse.